Scrittore e assassino by Ahmet Altan

Scrittore e assassino by Ahmet Altan

autore:Ahmet Altan [Altan, Ahmet]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Noir, Literary, Thrillers, Crime
ISBN: 9788866328315
Google: QN12DQAAQBAJ
editore: E/O Edizioni
pubblicato: 2017-01-24T23:00:00+00:00


***

Capitolo ventiquattresimo.

Mustafa mi chiamò un venerdì sera: «Domani facciamo colazione insieme» disse. «È bello da me di mattina». Dopo il nostro pranzo alla Camera di commercio eravamo diventati buoni amici.

Non c'era nessun altro, oltre a me, in paese, con cui potesse parlare di Zuhal; non avrebbe potuto condividere i suoi problemi con nessuno perché non aveva confidenza con la gente del posto. Anche parlare di letteratura di tanto in tanto contribuiva a fargli marcare il divario che lo distingueva dal resto del paese e gli dava un po' di sollievo dall'atmosfera opprimente di quel posto, che era diventato il suo elemento naturale, del quale non poteva più fare a meno. Ma, a mio avviso, gli mancava Zuhal e, se non altro, stare con qualcuno che le era vicino contribuiva a consolare la sua nostalgia. Conoscevo quella sensazione fin troppo bene. Infatti Zuhal mancava anche a me e anch'io trovavo un po' di conforto nell'incontrarmi con Mustafa. «Certo» dissi.

La mattina seguente mi recai a casa sua. In terrazza c'era un elegante tavolo di granito nero, adornato di fiori e apparecchiato per due persone con succo d'arancia appena spremuto e piccoli contenitori con insolite marmellate. Mustafa aveva un gusto sorprendente. Lo teneva accuratamente nascosto nella sua vita quotidiana, sforzandosi di non apparire diverso dagli altri in paese.

Con me, invece, desiderava sottolineare la sua diversità dalla gente del posto.

Se da un lato mi trattava con una certa condiscendenza, dall'altro temeva davvero che anch'io lo ricambiassi con la stessa moneta. Ce ne stavamo ad ascoltare il mormorio delle onde che si infrangevano sulla riva. Mi ricordava la voce di Zuhal. Forse anche Mustafa provava la stessa sensazione, non lo so. «Hai mai visto la chiesa?» domandai. «Oh, più volte. Ci sono andato spesso». «Com'è?». «È una chiesetta... Non possiamo nemmeno restaurarla, la gente ha paura anche di metterci le mani, perché nel momento in cui qualcuno ci prova lo accusano di essere a caccia del tesoro». «Da quando sono arrivato in paese non sento parlare d'altro che di quella chiesa, ne parlano tutti, ma personalmente non l'ho mai vista. Sono davvero curioso». «Vieni, ti ci porto» disse.

Rimasi sbalordito. «Non è stato vietato l'accesso a quella zona?». «Il divieto vale per gli altri. Vieni». Mi alzai subito, nella speranza che non cambiasse idea. Lasciammo lì la mia auto e ci avviammo con la jeep di Mustafa. Era, probabilmente, la più grande che avessi mai visto.

Guidò lungo strade tortuose, evitando accuratamente di passare per il paese, finché non imboccò una strada sterrata costeggiata su ambo i lati da alberi di ulivo e fico. Qua e là, cespugli di ginestra. Il forte odore dei fichi maturi sovrastava tutte le altre fragranze che riempivano l'aria. Un tornante dopo l'altro, ci ritrovammo in collina.

In cima c'era un altopiano circondato da una staccionata in legno. E proprio al centro c'era una chiesetta con una minuscola cupola in pietra scura. La croce era ancora al suo posto. Le finestre erano rotte.

Mentre ci avvicinavamo vidi dei tombini sul selciato. «Cosa sono quelli?» domandai.



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